mercoledì 5 maggio 2010

Dal testo di Don Cosimo Scordato, catalogo "AcquaFuoco" 2009

Accostandoci adesso alle singole opere, colpisce il loro linguaggio immediato. Tiziana Viola Massa possiede bene l’arte del colore e le diverse figure sono modulazioni di esso. La sua esegesi attenta del testo biblico non trascura quei riferimenti che in qualche modo lo rendano leggibile fin dal primo sguardo; ma questo non le basta; comincia a scavare lentamente nei vari aspetti dell’avve-nimento, per tentare di portare alla luce la sua verità più profonda, almeno come è percepita dalla sua sensibilità umana e religiosa.
La Creazione e la Separazione delle acque (primo dittico, lato destro) si caratterizza per l’afflato che anima l’acqua dall’interno; essa custodisce in sé il duplice principio maschile e femminile, carico di tutte le potenzialità, muovendoli l’uno verso l’altro. Le acque del cielo e quelle della terra hanno in comune la stessa vitalità e lo stesso movimento, nella vicinanza tra cielo e terra, tra il mondo della idealità ed il mondo della concretezza; seppure distinte da una leggera traccia di colore rosso, esse vengono alla luce dal gioco bello del soffio plasmatore di Dio, che “aleggia sulle acque”.
L’Arca di Noè (secondo dittico, lato sinistro) prospetta il momento in cui il ritrarsi delle acque fa apparire sullo sfondo l’arca; sul mare restano i segni di uno sconvolgimento che ha qualcosa di apocalittico; non sembra che lo sguardo della pittrice sia rivolto al passato, piuttosto sembra preoccupato di qualcosa che inquina il flusso delle acque, toccate da un degrado ambientale e storico, che ha assunto misure sproporzionate. L’arca, ormai ridotta allo scheletro della sua struttura, incede faticosamente sulla cresta dell’onda; infatti, la colomba, al centro della scena, costruita con la carta, annunzia che la parola data da Dio si compie, nonostante tutti i disastri; il ramoscello dell’ulivo, nella sua pochezza, dà forma leggera alla quiete che si va avvicinando. La scena vive del contrasto tra le acque che vanno perdendo la loro forza nello spumeggiare della cresta e l’arca, che, ridotta all’essenziale della fede e della speranza in Dio, quasi corpo scarnificato, è riuscita a vincere sui flutti della tempesta.
Il Passaggio del Mar Rosso (terzo trittico, lato destro) si caratterizza per il duplice tema delle acque e del popolo in cammino. Le acque, come braccia che si allargano, si dispiegano al passaggio del popolo liberato; non presentano alcun aspetto minaccioso, piuttosto è come se un vento le avesse aperte per consentire un sereno passaggio. Una lunga schiera di persone, che si perdono in avanti, procede camminando sul letto del mare: sorpresa e meraviglia sono scolpite sui loro volti, sollecitando gesti di commozione e di solidarietà. Il tema della liberazione dalla schiavitù di Egitto si prestava, però, a essere ricompreso come metafora di ogni liberazione; così, in primo piano vediamo scorrere diverse figure del nostro tempo; l’artista non le ha scelte a caso, piuttosto le ha attentamente selezionate come rappresentanti dei diversi aspetti del processo di liberazione: dalla malattia (la coppia Cury), dal bisogno (madre Teresa di Calcutta, che porta sulla spalle Anna Frank), dalla violenza (Gandhi con un sorriso che annunzia pace), dal conformismo (con allusione alle denuncie del regista e poeta Pier Paolo Pasolini), da tutte le alienazioni (e non solo quelle psichiche, denunziate da Freud). L’esodo biblico diventa spazio di riconciliazione con la modernità e le sue benefiche acquisizioni, invitando a convogliare sulla stessa strada il contributo (culturale, sociale, scientifico...) di ogni persona di buona volontà....."

Nessun commento:

Posta un commento